Presidente dell’Associazione dell’industria orologiera, Oliviero Pesenti guarda con disincanto ai mesi in arrivo «L’orario di lavoro ridotto ha tutelato anche i frontalieri. Le nuove assunzioni non sono la priorità delle aziende»
I dati ufficiali dei frontalieri non possono fotografare in modo impeccabile la realtà: potrebbero essere presenti ancora nelle statistiche nostri lavoratori che durante il periodo della pandemia hanno perso il posto e sono rientrati nel territorio, visto com’è strutturato il permesso G. Con l’orario ridotto, però, l’occupazione è stata salvaguardata in gran parte, questo emerge con altrettanta chiarezza. Ad analizzare la situazione e le prospettive di ripresa per il mercato ticinese con noi è l’ingegner Oliviero Pesenti, amministratore delegato della Erbas SA di Mendrisio, un’azienda del settore orologiero. Pesenti è inoltre presidente di Atio, Associazione ticinese dell’industria orologiera, quindi un settore strategico e che è sempre stato un riferimento per i nostri frontalieri: proprio questo comparto sta già dando segnali di ripresa nell’avvio dell’anno, segnali che spera di vedere rafforzati nel corso del secondo trimestre del 2021. Per altri settori industriali svizzeri è da mettere invece in conto una sofferenza più pro- tratta nel corso del tempo. L’ingegner Oliviero Pesenti è attualmente anche membro del Comitato di Aiti (Associazione industrie ticinesi).
Ingegnere, il 2020, nonostante la pandemia e tutte le ripercussioni con le limitazioni degli spostamenti e la crisi economica, si è chiuso con una quota di frontalieri sopra i 70mila secondo le statistiche Ustat. Dal punto di vista aziendale, in effetti si è mantenuto il trend di lavoratori frontalieri in Canton Ticino dal suo osservatorio oppure il ricorso a questi profili è stato ridotto?
Il numero citato non può essere confermato, nel senso che bisogna parlare piuttosto di numero di permessi per lavoratori frontalieri. In effetti, il permesso G per frontalieri rimane in vigore fino a cinque anni per chi lavora a tempo indeterminato, dunque non possiamo escludere vi siano lavoratrici e lavoratori che hanno perso il lavoro o sono rientrati in Italia ma non abbiano annunciato la loro partenza. Pertanto, i frontalieri sono probabilmente meno. Detto questo, bisogna dire in Svizzera grazie allo strumento dell’orario di lavoro ridotto, grazie al quale almeno l’80 % del salario viene garantito, la gran parte dell’occupazione è stata salvaguardata, frontalieri compresi. Ma qua e là a dipendenza dell’attività vi sono stati senz’altro contraccolpi negati- vi. Certamente le nuove assunzioni non sono in questo mo- mento in testa alle priorità di molte aziende.
Quanto ha inciso lo smart working in questa fase di emergenza e quanto ancora inciderà nel 2021, se non oltre? Per i frontalieri e non solo, perché è una modalità che sta interessando tutti.
Lo smart working è un modo di lavorare che senz’altro acquisirà maggiore spazio in futuro, in linea con le nuove for- me del lavoro. Ma ci vorrà un equilibrio fra le diverse modalità perché mi sembra evidente che molti lavoratori non gradiscono troppo lavorare esclusivamente a casa o prevalentemente. Per quanto concerne i lavoratori frontalieri poi c’è un elemento in più. Attualmente esiste un accordo fra Svizzera e Italia per quanto riguarda il pagamento degli oneri sociali, in base al quale si può fare telelavoro fino al 25 per cento del tempo di lavoro.
Una situazione, quella dello gestione dello smart working, avviata però a cambiare in futuro, come proporzioni e modalità?
Con la ratifica recente del nuovo accordo sulla fiscalità dei lavoratori frontalieri, i due paesi hanno convenuto pure di approfondire le discussioni proprio sul tema del telelavoro. Si è tutti consapevoli che questa percentuale del 25 per cento riconosciuta da Svizzera e Italia dovrebbe essere ritoccata, ma ci sono delle implicazioni legate agli oneri sociali e anche di ordine fiscale che devono essere discusse. Sia per quanto riguarda i lavoratori ma anche per quanto concerne le aziende che li impiegano.
Dal punto di vista dell’occupazione, le statistiche svizzere evidenziano un calo di personale a tempo pieno a livello generale. La contrazione delle ore di lavoro è appunto avvenuta, con tutte le conseguenze del caso. È un trend che avete riscontrato anche voi?
Direi che almeno nel settore industriale l’impiego della manodopera è abbastanza stabile e orientato maggiormente al tempo pieno, con delle punte legate invece all’assunzione di manodopera a tempo determinato oppure lavoratori interinali. Difficile mandare avanti una fabbrica senza una presenza significativa di manodopera. Poi naturalmente bisogna anche pensare che diversi lavoratori per loro esigenze chiedono loro stessi di lavorare a tempo parziale.
L’export a gennaio sta dando segnali di risalita, rispetto almeno al periodo di emergenza che abbiamo vissuto lo scorso anno: quali Paesi dal vostro punto di vista stanno alimentando maggiormente la ripresa del mercato?
In linea generale la Cina sia come paese esportatore sia co- me paese importatore ha manifestato ripresa economica già da alcuni mesi a questa parte. Per il resto dipende molto dal prodotto e dai mercati di sbocco. Anche negli Stati Uniti vi sono segnali di una ripresa economica, meno nell’Unione europea.
Anche la situazione economica nei settori industriali svizzeri appare con dati talora contrastanti. Quali sono le vostre aspettative nel prossimo trimestre per le vostre aziende? Si riuscirà in tempi brevi a scrollarsi via il peso di questa crisi? E in qualche caso in comparti come il vostro, ci si sta già riuscendo?
Quale presidente dell’Associazione ticinese dell’industria orologiera (Atio) posso indica- re che già nel primo trimestre del 2021 stiamo constatando dei segnali di ripresa, che nel nostro settore dovrebbero consolidarsi anche nel trimestre successivo. Per altri rami industriali la situazione è un po’ differente e una ripresa seppur ancora contenuta non è attesa prima della seconda parte del 2021.
Ci può fare qualche esempio, a questo riguardo?
Settori come l’automotive o l’aviazione sono invece destinati a soffrire anche quest’anno e molto probabilmente anche l’anno prossimo.
Quel prodotto di eccellenza interamente made in Ticino
Oliviero Pesenti, nato e cresciuto nel canton Neuchâtel, residente a Morbio Inferiore, sposato e padre di due figli è amministratore delegato della Erbas Sa di Mendrisio, azienda attiva dal 1947 nel campo della meccanica di precisione e dal 1970 specificatamente nel settore orologiero. Erbas è ormai considerata così un punto di riferimento per i clienti del settore del lusso. L’azienda ha saputo costruirsi competenze
significative nella fabbricazione di prodotto in acciaio, titanio e nei metalli preziosi (oro in ogni tonalità, palladio e platino). Ingegnere meccanico con la passione per lo sport (calcio e tennis in particolare, Pesenti è attualmente anche membro del Comitato di Aiti (Associazione industrie ticinesi) e presidente di Atio (Associazione ticinese dell’industria orologiera). «Una “multinazionale” sparsa su tutto il territorio cantonale – come si spiega nella pagina internet dell’associazione – che produce tutte le componenti necessarie per la realizzazione di un orologio. Ogni anno le nostre aziende assemblano milioni di pezzi (oltre il 30% della produzione nazionale) per un valore complessivo superiore ai 450 milioni di franchi». Con 3.000 addetti e 30 aziende, l’industria orologiera Ticinese si distingue per il forte orientamento all’esportazione (Europa, Asia, India, Medio Oriente e America sono i principali mercati di riferimento) e per l’eccellenza dei suoi prodotti che l’hanno resa celebre nel mondo.
La Provincia, giovedì 11 marzo 2021.