L’industria orologiera è uno dei comparti economici trainanti dell’economia nazionale, sia in termini di esportazioni che di valore commerciale, ma in Ticino gode ancora di un’immagine negativa che si ripercuote sull’industria stessa e sulla sua evoluzione in termini positivi. È stata questa la base di partenza su cui lo scorso lunedì 28 settembre 2015 si sono confrontati a Mendrisio una ventina di rappresentanti di aziende orologiere ticinesi e il direttore del Dipartimento finanze ed economia (DFE) Christian Vitta, invitato dall’Associazione ticinese dell’industria orologiera (ATIO) a un pomeriggio di confronto sul comporto orologiero ticinese.
“Se l’industria orologiera in Ticino col tempo si è evoluta in termini di addetti, aziende, formazione e qualità del prodotto – ha riferito a inizio incontro Oliviero Pesenti, presidente di ATIO – sodalizio nato a fine 2014 che conta oggi 15 aziende associate che danno lavoro a circa 1’500 persone – la sua immagine nell’opinione pubblica è però rimasta ferma a preconcetti legati al passato”. A emergere, ha continuato Pesenti, “sono in particolare le idee che nell’orologeria ticinese si paghino bassi salari, si impieghino solo frontalieri e che il settore sia senza sbocchi formativi e professionali”. In realtà, ha aggiunto il presidente di ATIO, “i frontalieri sono la maggioranza, come in tutto il comparto industriale; solo i salari di ingresso (inizio carriera) nella produzione hanno un minimo di 3’000 franchi; i salari in altri reparti (quadri) sono più che rispettabili; lavorando nell’industria orologiera è possibile continuare a formarsi e fare carriera e l’orologeria è un datore di lavoro stabile e affidabile sul lungo termine”. A riprova di ciò, ha sottolineato Pesenti, con 2’450 addetti e 30 aziende, il settore industriale orologiero ticinese contribuisce con il 2,1% al Prodotto interno lordo (PIL) cantonale, più, ad esempio, del settore delle assicurazioni, dell’istruzione o del settore dell’informatica e il suo fatturato è di alcune centinaia di milioni di franchi. “Forse in pochi ne sono a conoscenza – ha precisato il presidente di ATIO – ma con 10 milioni di orologi assemblati ogni anno, l’industria orologiera ticinese realizza il 40% del volume totale di orologi prodotti ogni anno in Svizzera”.
Eppure il settore, è stato evidenziato, continua a godere di un’immagine negativa che ostacola la ricerca e l’impiego di manodopera qualificata, complica i rapporti con le istituzioni locali, interferisce nelle relazioni con i clienti, non permette una comunicazione chiara e scevra di pregiudizi ai media e spegne sul nascere ogni nuovo progetto di rilancio. Progetti, è stato illustrato nel corso dell’incontro, come il Centro tecnologico formativo che ATIO sta realizzando per offrire alle aziende dell’industria orologiera un luogo di formazione flessibile e modulare, dove formare gli addetti del settore di oggi e di domani, come i professionisti già impiegati in azienda, i disoccupati, le persone in AI, i giovani e le donne in cerca di un impiego.
Nel nuovo Centro verranno impartite nozioni di montaggio movimenti, di montaggio orologio finito e di lavorazione completa di tutti i componenti (CAD/CAM, lucidatura, satinatura, tornio, fresa, CNC, ecc.) su una struttura e una durata di corsi variabile e a dipendenza delle richieste (corsi su singoli moduli o a pacchetto, corsi diurni o serali). Obiettivo: creare una formazione continua moderna per l’orologeria, senza creare sovrapposizioni con l’apprendistato o con l’articolo 33 LFPr.
Raccogliendo le sollecitazioni provenienti dal mondo orologiero cantonale, il direttore del DFE Vitta ha assicurato ascolto e vicinanza al settore, considerato dal consigliere di Stato uno dei comparti tradizionali dell’economia svizzera e cantonale e per questo meritevole di essere sostenuto e accompagnato in modo armonico nel suo processo di crescita e sviluppo nel tessuto imprenditoriale cantonale.