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Intervista al Co-Presidente di ATIO, Alessandro Recalcati «Altro che criptovalute, oggi si investe in orologi»

«Un anno storico», che ha permesso all’industria di superare di oltre l’11% le vendite estere del 2021.

La Svizzera è conosciuta nel mondo per le sue montagne, la cioccolata e soprattutto per i suoi orologi. Rolex, Tissot, Longines, Omega, sono solo alcuni dei marchi di eccellenza che vengono prodotti su suolo svizzero e apprezzati sempre più in tutto il pianeta.
La conferma della tendenza, è arrivata dai dati diffusi martedì dalla Federazione dell’industria orologiera svizzera (FHS) che nero su bianco ha mostrato l’ottimo risultato portato a casa nel 2022. L’anno scorso infatti l’esportazione ha registrato un incremento dell’11,4% su base annua a 24,8 miliardi di franchi, superando addirittura i livelli pre pandemia. «Si tratta di un risultato storico – commenta Alessandro Recalcati, co-presidente dell’Associazione ticinese industria orologiera (Atio) -. L’industri orologiera sta crescendo in modo costante da oltre vendita, non per quantità, ma piuttosto per valore». La statistica della FHS mostra che sono soprattutto orologi di lusso e da collezione, ovvero quelli che costano più di 3 mila franchi, a registrare l’impennata più importante: le vendite sono aumentate del 15,6%.
Guardando indietro nel tempo, Recalcati racconta di un settore che ha avuto delle difficoltà solo in concomitanza della «crisi finanziaria del 2008 e del Covid». A cui però ha fatto sempre seguito una ripresa immediata, dando prova di «solidità e forza. Il 2022 è stato veramente eclatante, perché oltre ad aver superato dell’11% i valori dell’anno precedente, i numeri parlano di vendite superiori al periodo pre pandemia». E chiedendogli quali siano le ragioni dietro al successo dell’orologio Swiss Made, non ha dubbi: «L’orologio svizzero non è solo un segnatempo, ma rappresenta qualcosa di più. È un oggetto unico su cui, oltre alla passione, vengono investite diverse risorse in termini di ricerca e sviluppo, design, comunicazione e marketing».

Recalcati, quale è stato il fattore determinate che ha contribuito al risultato?
«È stato un anno record per tutta l’orologeria. In modo particolare ha influito l’andamento altalenante dei mercati finanziari, inducendo alcuni investitori a perdere interesse verso mercato azionario e criptovalute. L’incertezza dettata dal momento storico ha quindi portato a scegliere l’orologeria come un bene su cui investire».

È stato un anno importante, nonostante l’assenza del mercato cinese.
«Rispetto al 2021 c’è un stato un calo. Tuttavia, la Cina rimane un mercato estremamente importante. L’export ha risentito della situazione Covid. Rappresenta ad ogni modo il secondo mercato verso cui l’industria orologiera svizzera esporta più prodotti, dopo gli Stati Uniti. Possiamo dire che sono stati raggiunti questi risultati anche senza la Russia».

Stando ai dati della FHS, le richieste degli orologi di fascia premium sono aumentati di circa il 16%. Perché gli orologi di lusso made in Switzerland sono sempre più riconosciuti come uno status symbol?
«Il merito è sicuramente della gestione meticolosa adottata dalle grandi marche dei brand più prestigiosi. Hanno puntato molto sull’innovazione: l’orologeria può sembrare un prodotto tradizionale, ma nel suo essere tradizionale è anche molto innovativo, per materiali, ricerca e sviluppo, qualità. Valori che le case sono riuscite a comunicare alla clientela, rafforzando la desiderabilità di questi prodotti».

Di contro si assiste una flessione degli orologi di fascia media, ovvero dai 200 ai 500 franchi (-24%). Mentre la fascia più bassa, con prezzi al di sotto dei 200 franchi ha registrato un aumento del 4,8%. Come mai?
«La fascia media è sempre quella che soffre un po’ di più. Osservando il trend degli ultimi anni, indubbiamente c’è stato un calo di queste unità, a favore del valore. Ci sono poi marchi che hanno spinto maggiormente la fascia più bassa sotto i 200 franchi».

Prima ha detto che, l’anno scorso, gli investitori hanno spostato il loro interesse da mercato finanziario e criptovalute, verso gli orologi svizzeri. Sono da considerare come bene rifugio?
«Nei primi mesi del 2022, mercati azionari e criptovalute hanno subìto forti oscillazioni e cali di valore. Di conseguenza molti investitori si sono allontanati da questo settore, soprattutto coloro alla ricerca di investimenti stabili. L’orologio sta diventando sempre più un bene rifugio: la domanda infatti ha superato nettamente l’offerta. Preciso però che non è una situazione contingente all’ultimo anno, ma è in atto da diversi anni».

Anche perché comprando un orologio di lusso oggi, qualora lo si voglia rivendere, ci sono dei margini di guadagno molto alti.
«Sì, tuttavia le case orologiere svizzere stanno cercando di limitare il più possibile questo aspetto speculativo sul prodotto. Questo effetto attira gli investitori con una visione più breve. Ci sono però anche gli investitori di lungo termine, che vedono una crescita costante nel valore del prodotto e non si basano su un’impennata momentanea del prezzo».

Nonostante sia stata una buona annata, non sono mancate le difficoltà. Per esempio, i numerosi colli di bottiglia che l’industria a trovato sulle catene di approvvigionamento e la mancanza di personale specializzato. Quali sono state le conseguenze?
«La ripartenza post Covid, come per tutti gli altri settori, ha causato difficoltà sulla catena di fornitura e anche l’industria orologiera ne ha sofferto. Con l’aumento della richiesta così repentina di orologi, si è palesato anche il problema della carenza di personale specializzato, avvertito soprattutto nella Svizzera francese e italiana.
I tempi di attesa sono diventati dunque estremamente lunghi, poiché nell’altissima orologeria, la crescita della capacità produttiva non è andata di pari passo con l’incremento della domanda. D’altra parte rispecchia una strategia adottata dai brand, per mantenere l’esclusività sul prodotto a dimostrazione della protezione e valorizzazione dei marchi stessi. L’obiettivo, infatti, non è soddisfare tutti, ma solo coloro che sono in grado di sostenere una determinata qualità di prodotto».

Che ruolo gioca l’industria orologiera in Ticino?
«L’industria orologiera per il Ticino è un settore estremamente importante. Fanno parte dell’associazione 25 aziende per circa 1500 impiegati. Ma se estendiamo tutto l’indotto dell’orologeria e dalla gioielleria in Ticino, il numero delle aziende sale a più di 40, con 3000 addetti che insieme contribuiscono a oltre l’1,5% del Pil del cantone. Oggi sul nostro territorio sono presenti diverse attività, focalizzate sull’assemblaggio, il controllo qualità, la logistica e la distribuzione internazionale. Ma esistono altre aziende che offrono servizi di altro genere, come la fornitura di componenti di precisione di alto livello. Possiamo dire dunque che attualmente il Ticino potrebbe essere indipendente per la costruzione di un orologio: ci sono società che fanno cinturini, quadranti, casse, movimenti».

Per quanto riguarda la manodopera, come ha anticipato, il Ticino ha particolarmente sofferto di questa mancanza. Cosa state facendo per rispondere a questa esigenza?
«Il Ticino può fare affidamento a un grosso bacino di forza lavoro che è quello italiano, anche se nel tempo questa possibilità si sta riducendo. Abbiamo quindi deciso di fronteggiare la situazione attraverso corsi di formazione continua, per colmare le lacune riscontrate nel personale attivo nel nostro settore. Soluzione sostenuta dalla nostra associazione Atio e dal Centro di formazione continua, fondato nel 2017».

Quali sono le figure più richieste?
«Soprattutto personale specializzato: ingegneri, disegnatori, tecnici, orologiai.
Dal punto di vista salariale, la categoria dell’orologiaio è stata allineata con gli stipendi minimi garantiti e da lì si può solo crescere. Il personale specializzato, sia di linea di produzione sia di attività e di ufficio, può raggiungere uno stipendio tra i 4mila e i 6 mila franchi al mese».

C’è possibilità di svolgere un apprendistato?
«Come Atio stiamo scommettendo sull’apprendistato. Uno degli interventi che è stato fatto recentemente è stato quello di riallineare il salario minimo di ingresso per gli apprendisti, notoriamente inferiore alla media del settore.
Oggi, tuttavia, dobbiamo confrontarci con la carenza di apprendisti, poiché i giovani sono attratti maggiormente da settori come quello tecnologico, farmaceutico o delle macchine utensili. Con gli ultimi interventi è stato dato un contributo per incentivare i ragazzi a scegliere questo ramo, ma c’è ancora molto da fare per rendere il comparto attrattivo. In Ticino è sempre stato visto come un settore a basso salario e con poca possibilità di crescita. Per questo, con Atio stiamo lavorando per cambiare la situazione».

Moneymag, 25 gennaio 2023